
Fin da quando siamo bambini ci viene insegnato che alla violenza non si risponde mai. Inutile dirlo: quando qualcuno ci fa del male, la prima reazione che abbiamo, istintivamente, è quella di ripagare con la stessa moneta. Lo vedo anche con mia figlia che ha due anni e i suoi coetanei: ci sono fasi,nella vita dei bambini, in cui l’istinto alla violenza fuoriesce; si ricevono spintoni, sberle e subito ci si difende con le stesse azioni. La natura porta a questo.
Poi, subentra la razionalità, quella che,in teoria, ci rende superiori rispetto agli animali, che per sopravvivere uccidono.
Nell’uomo “normale”, senza turbe psichiche o folli, coesistono stadi e gradi emozionali in equilibrio tra di loro, ma quando un evento esterno provoca il superamento della soglia di sopportazione degli istinti cosiddetti negativi, di solito la rabbia e il dolore primeggiano, impedendo alla ragione di sostenere la pace in quel turbinio di emozioni incontrollate.
Rabbia e dolore.
Sono i principali motivi del perché esiste ancora in qualche parte del mondo,così tanto civilizzato, la pena di morte.
Non sono mai riuscita ad esprimere un’opinione a riguardo perché nonostante (perfortuna) non abbia mai subito una perdita per omicidio o altro, non posso non pensare a come mi sentirei se mi capitasse e a cosa farei. La prima cosa che mi viene da dire e’ che dovrebbe morire il colpevole. Comprendo peró che non vi è lucidità in quel pensiero e che agendo così, mi abbasserei allo stesso livello di colui che ha commesso tale bestialità.
Il dolore provoca rabbia e quest’ultima accieca.
Lo spunto lo prendo dall’ennesima interpretazione di Jordi ne Il Segreto: scena veloce ma molto forte quella di Gonzalo che cerca di strangolare Jacinta. Negli occhi ci sono odio, rabbia e dolore: tutto ciò che fa scatenare l’inferno dentro di noi.
Quanto avremmo voluto vederla morta? Lei che ha sparato contro capitan Tristan, lei che ha rovinato uno dei pochi momenti di festa che esistono a Puetr Viejo. La sua follia merita la reclusione a vita. Ma può questo sanare il dolore e l’odio che Martin/ Gonzalo nutre? Lui stesso aveva giurato che avrebbe fatto giustizia e che il colpevole non sarebbe stato impunito. Allo scoprire Jacinta, chiusa in una cella e destinata a rimanere sola a vita, l’idea della giustizia amministrativa non ha calmato l’ira di Gonzalo.
Solo l’intervento di Maria l’ha placato.
Una scena forte, recitata con grande intensità e un realismo degno di Verga. Ancora una volta questa telenovela ci fa riflettere su temi come la pazzia, la vendetta e la giustizia.
La legge del taglione la troviamo nella stessa Bibbia: “Se uno farà lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto al suo prossimo: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente (…)”. Fin dall’antichità il tema della vendetta è parte integrante della vita e della giustizia terrena. E proprio perché considerata crudele e antireligiosa nella maggioranza dei paesi del mondo è stata abolita: una legge bestiale indegna per gli esseri umani.
Eppure dentro di noi questo senso di rivalsa c’è, esiste. La difficoltà non sta nel trattenerlo, perché altrimenti saremmo tutti, una volta nella vita, dei potenziali omicidi, la difficoltà sta nell’ammettere che in fondo in fondo siamo tutti un po’ bestie tifando per Gonzalo. O no?
A voi i commenti a riguardo.
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